Ajahn Sumedho
Tratto dal libro: The Wheel of Truth, capitolo 4
versione originale 2014 © Amaravati Buddhist Monastery
Da: Inquiring Mind. Vol. 27. N° 2, primavera 2011
Alla domanda: “Che cosa fare per diventare buddhisti?” rispondiamo che si prende rifugio nel Buddha, nel Dhamma e nel Sangha. Ho dei ricordi risalenti a tanti anni fa di persone superstiziose che venivano dal mio maestro, Ajahn Chah, per chiedergli dei medaglioni o piccoli talismani portafortuna come protezione da proiettili e coltelli, da spiriti malevoli e cose simili, e della sua risposta: “Perché cercate cose del genere? L’unica vera protezione è prendere rifugio nel Buddha”. Man mano che cominciamo a riconoscere la profondità degli insegnamenti buddhisti, prendere questi rifugi diventa un atto di gioia.
Perfino la semplice recitazione della formula con cui si compie questo atto ispira la mente. Che cosa intendiamo dicendo: “Prendo rifugio”? Come può questa semplice frase, anziché essere la ripetizione di alcune parole, diventare qualcosa che davvero ci dà una direzione e intensifica la nostra dedizione al sentiero del Buddha? Che bella questa parola: “Buddha”. Il suo significato è “colui che conosce”. Prendere rifugio nel Buddha non vuol dire prendere rifugio in qualche profeta storico. Prendiamo rifugio nella saggezza dell’universo, della nostra mente, e non in qualcosa che è separato da noi. Prendere rifugio nel Buddha, nella saggezza, significa avere una dimora sicura. Il futuro rimane sconosciuto e misterioso, ma prendendo rifugio nel Buddha realizziamo la presenza mentale proprio in questo momento, in modo da imparare dalla vita mentre la viviamo.
Il secondo rifugio è il Dhamma, la verità o realtà ultima. Potremmo pensare che il Dhamma sia “là fuori”, che sia qualcosa da trovare altrove. In realtà è immanente, è qui-e-ora. Non è possibile avere un rapporto personale con il Dhamma; non si può dire “Amo il Dhamma!” o “Il Dhamma mi ama!”. Abbiamo bisogno di un rapporto personale soltanto con ciò che è separato da noi, come nostra madre, nostro padre, il marito o la moglie. Ma non ci serve prendere rifugio in qualcuno affinché ci protegga e ci dica: “Ti amo comunque e in ogni caso. Tutto si metterà a posto”. Il Dhamma è un rifugio per chi è maturo e non ha più bisogno di essere amato e protetto. Ora siamo in grado di amare e proteggere gli altri. Prendendo rifugio nel Dhamma lasciamo andare il desiderio di avere un rapporto personale con la verità. Dobbiamo essere la verità, qui e ora.
Il terzo rifugio è il Sangha, nel senso di tutti coloro che vivono in modo etico. Prendere rifugio nel Sangha significa prendere rifugio in ciò che è buono, virtuoso, gentile, compassionevole e generoso. Significa fare il bene ed evitare di fare il male con l’azione e con la parola. Prendere rifugio nel Sangha è molto confacente alla vita come essere umano, in questo corpo, in relazione con i corpi di altri esseri e del mondo fisico in cui ci troviamo. Prendendo questo rifugio agiremo in modo da non infliggere divisione, disarmonia, crudeltà, bassezza o cattiveria ad alcun essere vivente, compreso lo stesso nostro corpo-mente.
Rifletteteci dunque: considerate e vedete davvero Buddha, Dhamma, Sangha come un rifugio. Non è una questione di credere nell’idea di Buddha, Dhamma, Sangha, bensì di usarli come simboli per la consapevolezza, per risvegliare la mente qui-e-ora.
L’originale è all’indirizzo
https://www.amaravati.org/dhamma-books/anthology-vol-5-the-wheel-of-truth/
Ringraziamenti a Maria Huf Barzoi
per la traduzione dall’inglese