Tratto da: Riti e cerimonie buddhisti (Rituals and Observances) basato su discorsi tenuti a Cittaviveka da Ajahn Sucitto e Ajahn Candasiri
Immagini del Buddha
Le immagini del Buddha si presentano con diverse posture (in piedi, sedute, in movimento o distese), per richiamare alla mente i vari modi di percepire il Risveglio. Quelle in piedi danno un senso di autorità armoniosa, quelle sedute di compostezza, quelle in movimento un senso di impegno, e quelle adagiate un senso di realizzazione.
L’immagine del Buddha viene chiamata anche “Buddha Rūpa”.
La posizione delle mani nelle immagini del Buddha, chiamate mudrā, sono importanti. Oltre al loro significato principale, si può farne oggetto anche di ulteriori contemplazioni.
Bhumiphassa mudra
Nel mudrā del toccare la terra (Bhumiphassa mudrā) la mano destra del Buddha tocca il suolo vicino al ginocchio destro.
Simbolizza il momento del suo Risveglio, ed è anche chiamato “il rigetto di Māra”.
Il rigetto di Māra è un nome adatto per questo gesto che implica un “riprendere i sensi”, stare a livello di terra o, in pratica, stare con la Realtà; tutto ciò equivale a dissipare l’illusione.
La tradizione popolare buddhista riporta che il Buddha, nei momenti in cui le forze
dell’illusione erano particolarmente aggressive, chiamò la terra a testimoniare che Egli aveva passato innumerevoli vite a coltivare la virtù, sacrificando la sua vita e le sue fortune molte volte per il bene degli altri. Ora voleva contattare questa grande bontà, e così
toccò la terra per rammentarsi chi era veramente: un Illuminato, un Risvegliato, con la mente non più oscurata dall’influenza di Māra.
Questo tipo di mudrā è forse il più usato nelle rappresentazioni thailandesi del Buddha; nel buddhismo tibetano si ricollega al Buddha dell’Est “l’Imperturbabile” Aksobhya, colui che riflette senza interferire o deformare, come un pulito specchio.
Abhaya mudra
Nell’Abhaya mudrā (di solito) il Buddha è raffigurato con la mano destra alzata davanti a lui (la mano destra è ritenuta la più propizia), con il palmo rivolto in fuori, le dita rivolte in alto.
Abhaya significa “non paura”; perciò questo mudrā convoglia l’idea di mancanza di paura o di protezione. In Thailandia significa “benedire” e nel buddhismo tibetano questo mudrā è collegato al Buddha del Nord, Amoghasiddhi, e sta a significare ‘l’irremovibile diligenza nella perseveranza’, cioè la dedizione, la capacità di continuare a progredire, senza posporre la realizzazione del proprio scopo, un gesto di ‘ce la puoi fare’: sono tutte espressioni di un impegno che non conosce paura.
Samadhi mudra
Il samādhi o dhyana mudrā – quello del Buddha dell’Ovest – è meno comune: le due mani unite in grembo rappresentano la mente concentrata del Buddha, che trae diletto dalla sua serenità e beatitudine.
In Giappone, la scuola della Terra Pura si ricollega a questo Buddha, il Buddha di buon auspicio, del benessere e della benedizione.
Dana mudra
Nel Dana mudrā la mano tocca la terra ma con il palmo in fuori in un gesto di benedizione, come se il Buddha donasse le sue qualità al mondo. È il Buddha del Sud, il mudrā della carità e della generosità, che conferisce in particolare il dono della conoscenza. Il mudrā è usato soprattutto nelle immagini nepalesi e tibetane, e il Buddha in questa postura è conosciuto come ‘Ratnasambhava’, colui che è ‘generato da un gioiello’.
Dhammacakka mudra
Nel Dhammacakka mudrā, la punta dell’indice di entrambi le mani tocca il pollice formando un cerchio, mentre le altre dita sono tenute aperte come i raggi di una ruota; è un gesto che significa l’offerta di insegnamento.
La mano destra è tenuta più alta della sinistra.
Il Dhammacakka mudrā è abbinato in particolare con l’insegnamento delle Quattro Nobili Verità e dell’Ottuplice Nobile Sentiero da parte del Buddha, cioè con l’enunciazione del Dhamma.
Cura delle immagini del Buddha
A ragione del loro simbolismo religioso e della gratitudine per gli insegnamenti che esse evocano, è importante che le immagini del Buddha siano manipolate con il dovuto riguardo e rispetto. Non dovrebbero essere prese per la testa, buttate per terra o calpestate o comunque usate per scopi inappropriati come ferma-porta o ferma-libri, oppure per giocarci. Quando si presenta il caso di spostarle, l’ideale sarebbe di farlo precedere da un anjali e poi muoverle tenendo solo la base con entrambe le mani.
Altari
Gli altari possono essere spaziosi, elaborati e formali, o semplici ed essenziali; possono trovarsi sia in case private che nei monasteri.
Generalmente al centro dell’altare vi è un’immagine del Buddha, che può essere una statua, un dipinto o una rappresentazione simbolica del Buddha come l’albero dell’illuminazione o l’orma del suo piede.
Tradizionalmente l’altare viene ulteriormente abbellito con candele, incenso e fiori. Di solito l’immagine del Buddha è nel punto più alto dell’altare, mentre le candele, l’incenso con l’incensiere e i fiori sono posti più in basso ad entrambi i lati.
Queste decorazioni devono essere regolarmente ‘offerte’ all’altare (come spiegheremo più avanti). Ogni offerta ha il suo valore simbolico e rappresenta Sīla, Samādhi e Paññā (moralità, concentrazione e saggezza).
Sila è simboleggiata dai fiori perché la loro fragranza e bellezza ci riportano alla mente colui che vive una vita buona e virtuosa.
L’incenso simboleggia samadhi o la concentrazione, lo sconfinato raccoglimento della mente. Come il fumo dell’incenso può andare ovunque, così il raccoglimento della mente può diffondersi per tutta la coscienza.
Le candele rappresentano panna o la chiara visione, la comprensione, la
luce della saggezza.
Ulteriori cose possono essere il ritratto di un maestro o oggetti che hanno un significato particolare, come pietre o cristalli, zolle di muschio o altri oggetti naturali.
Le immagini dei maestri devono essere poste più in basso di quelle del Buddha.
Un altare serve come punto di riferimento per la mente, un ricordo e una rappresentazione delle qualità che rispettiamo e riveriamo. Solo sedendo davanti a un’immagine del Buddha o davanti a un altare può portare molta pace. Questo effetto può essere rafforzato dalla propria
azione nel dare e nel prendersi cura del luogo sacro.
Offerte all’altare
Gli stessi principi si applicano anche quando si fanno offerte all’altare. Sebbene i fiori e le candele pesino poco, si offrono e si pongono sull’altare tenendoli con entrambe le mani. Dare completa attenzione all’atto di dare è un altro modo per mostrare il proprio
rispetto.
L’incenso viene acceso da una candela e, tenendolo tra i due palmi delle mani uniti, si solleva verso la fronte mentre la testa si china lievemente verso le mani. Poi l’incenso viene messo nell’incensiere e completa l’offerta un gesto di anjali verso l’altare. Infine ci si può prostrare tre volte.
Per spegnere le candele, è considerato più gentile usare uno spegni-candele o ventilare con un movimento brusco della mano, piuttosto che soffiarci sopra.
Bisogna comunque tener sempre presente che fare un’offerta all’altare, al Buddha o al maestro è qualcosa di speciale e tutti i nostri gesti devono riflettere il nostro rispetto e la nostra stima.
Prendersi cura dell’altare
Oltre a mantenerlo nitido e pulito, può essere di gran sollievo, quando la mente è sconvolta e agitata, prendere i vari oggetti che sono sull’altare con grande consapevolezza e pulirli: è un atto di devozione e di concentrazione che riporta di nuovo la mente alla pace e a una maggiore equanimità.